La Cina sta facendo segnare nuovi record, infatti sta attingendo alle proprie riserve valutarie e sta dimostrando di essere un catalizzatore per le oscillazioni dei prezzi nei mercati valutari di tutto il mondo.
La Banca popolare di Cina ha ridotto le sue partecipazioni nell’ultimo trimestre per sostenere lo yuan, dopo la grande svalutazione avuta nel mese di agosto.
La nazione asiatica ha “bruciato” quasi mezzo trilione di dollari a partire dalla metà dello scorso anno, pari a due volte le dimensioni dell’economia greca.
Lo yuan e le altre valute mondiali
Le oscillazioni dei tassi di cambio hanno risposto a questa procedura fatta dalla banca centrale cinese, infatti la media delle oscillazioni è stata una delle più alte nel mese di settembre a partire dal 2011.
La pressione messa in atto dalla banca asiatica non ha portato grandi segni di cedimento da parte delle altre banche centrali mondiali in via di sviluppo, perciò seguire l’esempio della Cina potrebbe non essere così dannoso.
Secondo Robert Sinche (analista di Amherst Pierpont Securities a Stamford nel Connecticut, il quale è stato responsabile globale di valute e materie prime a Bank of America durante la crisi finanziaria) ha dichiarato:
Nel momento in cui la liquidità della banca centrale diventa meno abbondante, la volatilità tende a salire. Le condizioni di liquidità più severe sono una ricetta per la volatilità.
Se da una parte questa volatilità è un’opportunità per i trader per fare soldi (sia con lo yuan che con altre valute mondiali), dall’altra parte si evidenziano anche i problemi delle economie mondiali, in particolare quelle che dipendono dalle esportazioni di materie prime.
Le riserve valutarie della Cina e il tasso di volatilità
La Cina ha ridotto le sue riserve di valuta estera di 179,7 miliardi di dollari (nel mentre ha fatto segnare un nuovo record) nei tre mesi che si sono conclusi a Settembre, portando ad un calo delle riserve di 480 miliari di dollari da luglio 2014, o 12% del totale posseduto.
Il Global FX Volatility Index è salito all’11,3% il 7 settembre, avvicinandosi al picco di gennaio e andando a raddoppiare sul minimo fatto segnare a luglio lo scorso anno (5,3%). La media è stata dell’11% nel mese di settembre, la più alta dal dicembre 2011.
Secondo Sean Callow (stratega di valuta alla Westpac Banking Corp. a Sydney):
Il calo delle riserve in Cina è un altro cartello del nervosismo dei cinesi stessi, e se questo è il caso, probabilmente tutti i mercati dovrebbero essere un po’ nervosi. E’ una vera e propria inversione di tendenza di andare in un ambiente in cui così tante banche centrali stanno difendendo le loro riserve per difendere a loro volta le loro valute.
Anche la banca russa ha bruciato circa $ 160 miliardi di dollari (o 1/3 delle sue riserve) di valuta estera, negli ultimi due anni per sostenere il rublo, che è affondato ad un livello ancora più basso nel mese di dicembre dello scorso anno. Anche le Nazioni sudamericane come il Venezuela, Paraguay ed Ecuador hanno ridotto le loro partecipazioni di oltre il 9% negli ultimi 12 mesi.
La Svizzera sorprende sempre
Sette mesi prima della svalutazione dello yuan, la Banca nazionale svizzera ha staccato la sua spina (vi ricorda qualcosa gennaio? Possiamo ricordarcelo attraverso questo articolo: “Il franco svizzero ha creato non pochi problemi” ) sul cambio, anticipando tutti e portando il franco svizzero ad una impennata record.
Ricordiamo però che il Fondo monetario internazionale ha avvertito nel suo ultimo rapporto globale sulla stabilità finanziaria, che alcuni passi falsi fatte da alcune banche centrali, potrebbero far deragliare l’economia mondiale.
Secondo te la banca cinese ha fatto bene a svalutare lo Yuan attraverso la vendita di valuta estera? Scrivicelo in un commento qui sotto!