Eccoci nuovamente all’appuntamento settimanale dedicato agli stati, questa settimana parleremo di uno stato molto vicino a noi dal punto geografico, la cui economia è stata sensibilmente messa in discussione a seguito della crisi del 2008: la Grecia.
Abbiamo già parlato di questa nazione in un editoriale non esattamente gentile, a causa delle radici dell’enorme debito che ha rischiato al paese l’uscita dall’Eurozona (potete leggere il seguente articolo: “Cari greci, la colpa del vostro debito non è dell’UE, ma vostra“).
Ecco gli argomenti che tratteremo:
L’economia greca
Il settore primario
La Grecia ha sempre avuto una buona tradizione agricola, tuttavia lo scarso terreno pianeggiante e ben irrorato ha reso difficile lo sviluppo di coltivazioni efficienti. Le pianure della Macedonia e della Tracia sono per lo più impegnate nella coltivazione di frumento, anche se sono considerevoli le colture di orzo, mais, riso e avena.
Molto importanti sono le produzioni di olive (la Grecia è il terzo produttore mondiale di olio d’oliva al mondo), di agrumi e di viti, per lo più destinate all’esportazione. Importanti sono anche i derivati dell’uva: la Grecia è conosciuta sia per i suoi vini, sia per la produzione di uva passa.
Altre produzioni agricole importanti sono quelle del cotone, del tabacco, delle barbabietole da zucchero. Sono molto diffuse anche le produzioni di semi oleaginosi e di ortofrutta.
L’allevamento, a causa della scarsità dei pascoli, non è molto sviluppato; mentre l’assenza di foreste importanti ha impedito lo sviluppo della produzione di legname. Sono invece presenti numerosi tipi di minerali, anche se molti si presentano in quantità esigue. Nichel, bauxite e magnesite consistono nelle produzioni principali.
Dall’isola di Nasso, infine, provengono i marmi da costruzione.
Il settore secondario
Per quanto riguarda l’industria, molto sviluppati sono il settore tessile (soprattutto su filati sintetici e sul cotone), quello alimentare (abbiamo già citato le industrie vinicole, ma sono diffusi anche birrifici e zuccherifici) e quello legato alla manifattura del tabacco.
Si è cercato di sviluppare poi anche la cosiddetta industria pesante, ma anche i settori che hanno fatto maggiori progressi (come quello chimico e e petrolchimico) sono rimasti marginali.
Occupazione/Disoccupazione
La settimana scorsa abbiamo definito notevolmente alto il tasso di disoccupazione della Spagna (pari al 22.7%), ma oggi dovremo ricrederci: la disoccupazione in Grecia è attualmente pari al 25.6%: più di una persona su quattro è disoccupata.
Se confrontiamo questo dato con quelli degli altri stati che rientrano nel dispregiativo acronimo PIGS (o PIIGS, includendo l’Italia), vediamo bene come la nazione ellenica sia in una situazione nettamente peggiore.
Se infatti la Spagna ha anch’essa un tasso estremamente alto, gli altri paesi viaggiano su livelli totalmente differenti: l’Italia, come abbiamo già visto, ha una disoccupazione inferiore al 12.5%, in Irlanda, la disoccupazione è inferiore al 10%, in Portogallo è pari al 13%.
I piani statali per l’economia
Il tasso di disoccupazione è solo uno dei problemi che il paese dovrà affrontare prima di dirsi totalmente fuori dalla crisi.
Come bene abbiamo visto dalle proteste scatenatosi nell’estate scorsa, la Grecia è ancora troppo concentrata sulla sua capitale: quasi tutte le attività importanti della sua economia si svolgono infatti ad Atene, il che concentra sì le risorse, ma anche i problemi (traffico ed inquinamento in primis).
In compenso, nel resto del paese le infrastrutture sono spesso carenti o inadeguate, basta vedere le arterie stradali, la loro dislocazione e la loro ampiezza a mano a mano che ci allontaniamo da Atene.
L’inefficienza del settore pubblico, nonostante le riforme e i tagli voluti dai vertici UE, è ancora un tema presente: l’apparato statale è troppo grosso per il PIL del paese, e dunque la nazione spende troppo per mantenere i suoi diretti dipendenti.
Anche il turismo (una delle principali fonti di guadagno per il paese) deve essere migliorato. Le attrezzature, ove presenti, sono spesso inadatte al flusso di persone.