L’economia Italiana

L’Italia: nostra patria, conosciuta in tutto il mondo come il Bel Paese della Dolce vita di Fellini e come luogo di delizie enogastronomiche. Ma quanto veramente conosciamo del nostro paese a livello economico? Quanti sanno, ad esempio, che siamo tra i primi esportatori di mele al mondo? O di strumenti sterili per gli ospedali?

Certo, forse sono settori più “minoritari”, che non fanno molto lustro come essere leader nelle innovazioni tecnologiche, ma sono pur sempre un grosso aiuto per il nostro PIL.

In questa rubrica con cadenza settimanale, tratteremo i seguenti argomenti:

Prima di tutto, un po’ di storia

L’economia italiana prende il volo dal secondo periodo dopo guerra, grazie anche agli aiuti del Piano Marshall, che hanno permesso alla nazione di completare la de-militarizzazione delle varie fabbriche. Fino agli anni novanta ha goduto di un’enorme espansione a livello economico, che l’hanno portata ad emergere come una delle prime potenze mondiali.

Se prima della guerra l’Italia era sostanzialmente contadina, dopo di essa abbiamo avuto un progressivo ridimensionamento del primo settore (che principalmente si è trasformato, soprattutto nelle zone del nord, diventando agricoltura intensiva: i campi di dimensioni ridotte sono coltivati in maniera accorta, in modo da massimizzare le rese) ed un passaggio al settore industriale. Nel periodo tra gli anni 50 e 60 si è poi avuto un vero e proprio boom del terziario (tra gli altri, capeggia l’apparato statale, che come nei periodi precedenti si è mosso come ammortizzatore sociale, assumendo in maniera più o meno indiscriminata nei vari periodi di depressione per evitare una disoccupazione troppo elevata).

Dopo gli anni 80, finito il boom industriale grazie anche all’affacciarsi sulla scena internazionale di nuovi paesi molto competitivi grazie al basso costo della manodopera, abbiamo uno sviluppo a ritmi serrati del terziario “privato”: in questa fase si sono sviluppati principalmente servizi come quello assicurativo, bancario, finanziario e comunicativo (Mediaset, fondata nel 1993, ne sarà uno dei più chiari esempi).

Gli inizi del nuovo millennio si caratterizzano per una stagnazione dell’economia, che come tutti noi ben sappiamo confluirà nell’attuale crisi economica.

L’Economia Italiana

Il settore primario

Per quanto riguarda il settore primario della nostra economia, dobbiamo sicuramente segnalare alcune eccellenze italiane che senza alcun dubbio concorrono in maniera sostanziale al PIL.

Primo fra tutti il settore enologico: è di quest’anno d’altronde la notizia di come l’Italia abbia superato la Francia nella produzione di tale bevanda (che tra l’altro ha una fascia di mercato del 28% in Europa). Il vino nel nostro paese produce annualmente, in media, 9.5 miliardi di fatturato.

In Italia (che comunque non è in grado di coprire i suoi bisogni alimentari con la produzione interna se non in alcuni campi, come quello dell’olio d’oliva e del grano duro) il valore complessivo della produzione agricola è pari a quasi 49 miliardi di euro.

Altra eccellenza del Bel Paese è nel settore caseario: tra i suoi prodotti spiccano le famose mozzarelle di bufala, esportate pressoché in tutto il mondo. Nonostante questi dati, l’Italia non è autosufficiente nemmeno in questo campo, se non nella produzione di pollame, che eccede i bisogni interni.

Il settore secondario

Come tutti sanno, l’economia italiana è caratterizzata dal proliferare delle aziende familiari o medio-piccole, con meno cioè di 250 impiegati (a livello Europeo, in codice italiano ha delle prescrizioni solo a livello di fatturato).

Settori trainanti sono tuttora quelli legati all’abbigliamento: nella zona del comasco tuttora spopolano le fabbriche di tessuti (non a caso proprio questa zona è riconosciuta come la migliore per il trattamento di tessuti quali la seta, e la tecnica di filatura della stessa chiamata ombré è tutt’oggi un vanto prettamente italiano, che può essere prodotta solo dal lavoro manuale di un addetto con ampia esperienza alle spalle: una macchina non è in grado di produrre lo stesso effetto sfumato che ha tanto a lungo caratterizzato le creazioni di numerosi stilisti internazionali); mentre è quasi inutile ricordare il suo cinvolgimento nel campo della moda, delle calzature e del lusso (Gucci, Ferragamo, Prada, Versace sono solo alcuni dei marchi più conosciuti).

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Altre industrie rilevanti dell’economia, in Italia, sono quelle chimiche (ricordiamo in particolare la SNIA, produttrice di gomme), le industrie navali e quelle in generale degli armamentari bellici (in cui siamo leader mondiali). Ricordiamo anche in Italia le uniche aziende specializzate nella costruzione di veri e propri pezzi degli shuttle e delle stazioni orbitanti spaziali: Samantha Cristoforetti ha potuto raggiungere lo spazio proprio grazie ad una creazione che vantava in larga parte firma italiana.

Grazie al gruppo Fiat, l’Italia è leader anche a livello automobilistico, e grazie a marche come Piaggio, Ducati e Aprilia è conosciuta anche per le motociclette. Infine, Luxottica è leader mondiale per la produzione di lenti ottiche, sia graduate (in particolare per le lenti da montatura, ma negli ultimi anni ha guadagnato parecchie quote di mercato con le nuove lenti a contatto, particolarmente traspiranti), sia oscurate ma neutre.

La bilancia commerciale dell’economia italiana

Come abbiamo già detto prima, l’Italia ha senza alcun dubbio avuto una bilancia positiva per tutti gli anni 90, anche se la situazione si è poi ribaltata a causa dei periodi di stagnazione accorsi con l’inizio del 2000. Negli ultimi anni, tuttavia, non possiamo non notare come essa sia tornata in positivo, grazie anche alle numerose misure di riassestamento del bilancio volute dall’UE.

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Bilancia commerciale italiana, dal 1994 al 2014 (dati Istat).

L’occupazione/Disoccupazione

Per tasso di disoccupazione si intende la percentuale di persone tra i 16 e i 58 anni d’età che sta cercando un impiego. Secondo le ultime stime ISTAT il tasso di disoccupazione nel 2015 è pari al 12.1% (sceso di un punto percentuale su base annua).

Diverso è invece il numero degli inattivi (persone cioè che non lavorano ma non stanno cercando lavoro: una casalinga ad esempio) che si attesta pari al 35.8% ed è quindi diminuito dello 0.6% rispetto all’anno precedente. Sebbene sia un miglioramento per il paese, rispetto all’Europa rimaniamo in difetto: la disoccupazione, secondo i dati del 2015, è infatti pari 10.9%.

I piani statali sull’economia

Come abbiamo già accennato poco prima, lo Stato ha cercato di arginare la crisi economica che imperversa in Europa a partire dal 2008.

Buon riscontro ha avuto il famoso Jobs Act voluto da Renzi non appena è salito a ricoprire la sua attuale carica, che ha avuto il merito di snellire le regole del lavoro e incentivare le nuove assunzioni sull’indeterminato (paradossalmente, è stata una misura totalmente contraria a quella precedente voluta dal governo Monti, che mirava a incentivare i lavori a tempo determinato e la mobilità).

Ora come ora, l’Europa chiede al Bel Paese un’ulteriore compressione del debito ed un aumento di produttività, di competitività e di crescita. Tutto ciò nonostante gli apprezzamenti fatti nei confronti delle riforme finora effettuate.

Ora come ora, causa anche i fatti di Parigi, i piani del governo sul prossimo futuro sono piuttosto confusi. Sicuramente avremo ancora fondi a stimolare l’occupazione, l’industria e in generale gli investimenti; anche se indubbiamente ci sarà un aumento dei fondi destinati alla sicurezza.

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